Le Origini
V Secolo d.C.
Nella bassa Sabina, ai piedi del monte Acuziano, il monaco benedettino Lorenzo Siro, giunto da Spoleto, getta le basi dell'abbazia di Farfa sulle vestigia del tempio pagano della misteriosa dea sabina Vacuna.

L'agricoltura, le arti e i mestieri, e le professioni, hanno subito nel frattempo un brusco arresto nel decadente mondo della romanità. I benedettini riportano al primitivo splendore l'olivocoltura, la viticoltura e in generale il lavoro dei campi, dedicando particolare attenzione ai protagonisti delle arti e dei mestieri e delle professioni.
VI Secolo d. C.
Le pacifiche ed agricole popolazioni sabine vengono sconvolte dall'arrivo dei Longobardi, dal vicino Ducato di Spoleto. I presunti "barbari" ( che proprio barbari non erano ) distruggono l'abbazia di Farfa.
Una numerosa famiglia, allargata, comprendente anche individui con legami di sangue o lontani legami di parentela si attestano sulla sommità di un monte, posto in posizione frontale, rispetto alla pianura del Fiume Tevere, quasi al confine del Ducato di Roma, mentre la zona prescelta dalla pattuglia di guerrieri longobardi segnava il confine del Ducato Longobardo di Spoleto.

Sulla sommità di questo rialzo montuoso, s'insediano erigendo in breve tempo una guarnigione fortificata, denominata, nello stile di quel popolo: "fara" che poi darà il nome alla futura cittadina sabina che ancora oggi porta il nome di "Fara in Sabina".

Per Governare la "Fara Longobarda" giunge da Pavia un certo Atribaldo, per prendere il comando dell'avamposto.
Anno 680 d.C.
Le vigne e i campi abbandonati dai contadini perseguitati dai Longobardi non danno più da vivere alle operose popolazioni impaurite dal nemico. Giunge a Farfa Tommaso Da Maurienne, monaco benedettino di ritorno dalle crociate che aiutato dai Sabini ricostruisce l'Abbazia di Farfa.
Bonifica le campagne, pianta vigne e intensifica l'olivocoltura, dà pascoli ai pastori, fà riaprire le botteghe dei mestieri e delle arti, mentre allevia i guai delle libere professioni impoverite per lo sfruttamento messo in atto dai due Ducati (Roma e Spoleto). Sembra essere tornato lo splendore agricolo e imprenditoriale di un tempo.
  Anno 701 d.C.
A Pavia muore RAGIMPERTO, un moderato monarca di etnia bavarese, appena eletto re. Gli succede al trono nell'ordine , LIUTPERTO (701-702), poi ARIPERTO II (702-712)
Anno 703 d.C
Per riportare un po' di pace nella bassa Sabina viene eletto Duca di Spoleto il moderato Faroaldo II, che s'interessa dell'Abbazia di Farfa aiutando Tommaso nelle opere di valorizzazione agricola. Si profila la possibilità di convivere in pace e collaborazione con gli occupanti Longobardi, ma Ariperto II, dalla Capitale Pavia, non vede di buon occhio il mecenatismo di Faroaldo.
Anno 708 d.C
Farfa assurge ad uno splendore mai visto, diviene centro di cultura e di fede. I Benedettini, aiutati dai contadini e dagli artigiani Sabini, iniziano sistematicamente ad ammodernare le colture, mentre cercano di attivare nuove botteghe d'arte e luoghi per la vendita dei prodotti agricoli che giungono da territori anche lontani.

I primi vitigni provenienti da Nord vengono piantati nella valle del Farfa. Ma Ariperto, sollecitato dai nemici occulti di Faroaldo, vuole porre fine a quello che viene ritenuto un tradimento dal governo centrale di Pavia. Invia a governare la nuova Fara (Fara Sabina), un giovane imparentato con la famiglia longobarda, probabile nipote di Ariperto II.

Si tratta di Aginulfo che in Cividale del Friuli si era distinto per le vanterie e alcuni atti di violenza. Aginulfo, benché solo 21enne, fa conoscere presto le sue intenzioni. Organizza un drappello che sotto il suo comando dovrà portare nelle campagne, negli opifici, nelle botteghe artigiane, tra i mercanti che operano in diverse piazze della Sabina e della vicina Umbria, il rispetto della ferrea legge del tributo.
Anno 710 d.C.
I contadini Sabini, i pastori, i proprietari terrieri e tutti coloro che erano impegnati in attività 'imprenditoriali' come liberi cittadini, devono subire le razzie di alcuni longobardi istruiti e protetti da Aginulfo. Olio, vino , grano, formaggio, vettovaglie e ferri del mestiere, sono requisiti dalle soldataglie longobarde.

Anno 711 d.C.
Le imprese dei longobardi di Aginulfo, la leggenda creatasi intorno alla temerarietà del 'principe' longobardo, affascinano la mente di Artemia, la figlia 16enne di Terenzio ( Capo dei Sabini per la zona di confine tra Ducato di Roma e Ducato di Spoleto) s'innamora di Aginulfo. L'orgoglio delle genti sabine viene umiliato da questo ulteriore affronto, e progettano un'imboscata. L'astuzia di Aginulfo non lascia spazio ai sogni di vendetta dei Sabini.


Anno 712 d.C.
Ansprando torna dalla Baviera con un nucleo di guerriglieri bavaresi e muove contro Pavia dove impera il terribile Ariperto II. Lo scontro avviene sul Ticino, e Ansprando riesce, non solo a sconfiggere i longobardi di Ariperto, ma uccide lo stesso Re facendolo annegare nel fiume. Morto il suo probabile protettore, Aginulfo si trova solo a fronteggiare i Sabini i quali, nel frattempo, si sono organizzati definitivamente in una 'Consorteria delle corporazioni', e decidono di porre fine ai soprusi longobardi.

Nell'Agosto del 712 Aginulfo viene ucciso in un riuscito agguato tesogli dai sabini nel piccolo villaggo di olivicoltori, poco distante da Fara, nel luogo abituale dei suoi convegni d'amore, ai piedi di un millenario olivo, mentre il cadavere dopo essere stato esposto nella piazza del villaggio di Canneto, viene portato su di un carro tirato da cavalli, davanti all'abbazia.
La vendetta longobarda sarebbe stata feroce se ad intercedere presso Adelfo, divenuto successore di Aginulfo, non si fosse mossa Artemia, la figlia del capo carismatico dei Sabini, rimasta senza il suo "amato" principe.
Adelfo, ormai 60enne, non crede più alla forza delle armi contro i Sabini organizzati, decide di concedere la pace in cambio della mano di Artemia. La giovane Sabina accetta di sposare l'anziano capo longobardo ed offre il suo "sacrificio" in cambio della pace per il suo popolo.
Viene stilato ufficialmente un patto di amicizia tra Sabini e Longobardi. Terenzio e Adelfo, capi delle due fazioni, per lungo tempo in lotta tra loro, siedono allo stesso banchetto di un convivio pubblico, in segno di amicizia e collaborazione, e bevono nello stesso "Calice d'Oro" che era stato di Aginulfo, forse bottino di qualche saccheggio abbaziale in terra friulana. Si radunano per la festa tutte le "corporazioni" sia dei Sabini, sia dei Longobardi. Contadini, artigiani, uomini di cultura, vignaioli e pastori, mercanti, sensali, notai, pittori, decoratori, vetrai, si organizzano in "Consorteria" per tutelare i propri interessi e salvaguardare i frutti del loro lavoro e delle loro fatiche, e combattere uniti contro lo strapotere dei Signori del Ducato di Spoleto, e in parte del confinante Ducato di Roma.

Si da' così inizio alla "Consorteria delle Arti, dei Mestieri e delle Professioni" avente tra gli scopi quello del reciproco aiuto nello svolgimento delle attività.
Muore intanto a Pavia, dopo pochi mesi di governo, il Re longobardo Ansprando, e gli succede al trono il figlio Liutprando.
Anno 713 d.C.
Liutprando invia i suoi ambasciatori a Fara per avallare il patto di amicizia Sabino-Longobardo. Alcuni rappresentanti delle corporazioni riuniti in Consorteria, guidati da un monaco, si recano a Pavia per consegnare a Liutprando un facsimile del Calice d'Oro simbolo di amicizia, di pace e di prosperità tra i due popoli.

Anno 719 d.C.
Viene stilata una carta per il governo della "Consorteria delle Arti e dei Mestieri e delle Professioni" della quale Faroaldo II sarà ritenuto il capo spirituale.

Anno 720 d.C.
Faroaldo II , artefice della rinata gloria sabina, viene ucciso dal figlio Trasmondo che avversava la Consorteria che era riuscita a dare indipendenza nel lavoro dei campi e nelle attività mercantili, artigiane, delle arti e delle professioni. Pavia manda in aiuto alla Consorteria un drappello di uomini per uccidere Trasmondo il quale fugge nel Ducato di Roma.
***


Per più secoli l'antica Consorteria Italica, oltre a difendere gli interessi degli associati, opera a difesa dei valori morali e dei beni artistici e culturali della zona. Nel 1464 Federico da Montefeltro al comando di truppe mercenarie, dopo aver assediato alcune piccole città della Sabina reatina, pone sotto assedio Fara che capitola. Dopo le razzie fa distruggere ogni documentazione che ricordi l'antico Patto di Amicizia tra Sabini e Longobardi, ma fa annullare con un Editto, anche i privilegi consolidati e le reciproche solidarietà statuali della Consorteria, che aveva dato alle genti dei campi, e ai cittadini impegnati in attività artigianali, artistiche, e delle professioni, una certa indipendenza e tranquillità, anche economica.

Tratto dal volume di 347 pagine in via di pubblicazione per le Edizioni Osservatorio Milano "I Longobardi in Sabina tra storia e leggende" dello storico Aldo Quinto Lazzari, tra le quali la leggenda del giovane longobardo Aginulfo e la sabina Artemia, figlia del capo spirituale dei sabini del Ducato di Roma.

   

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